VILLA. Donne e filande, ricordato il glorioso periodo della “piccola Manchester”

29 Aprile 2015
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di CONSOLATA MAESANO 

VILLA SAN GIOVANNI – Gli Stati Generali della Cultura, in collaborazione con la commissione locale Arte e cultura della Fidapa (federazione italiana donne arti professioni affari) hanno promosso un salotto culturale dal titolo “Ricordando le donne e le filande”, tema questo particolarmente impresso nella memoria storica villese.

Irene Tripodi, presidente della Fidapa Morgana di Reggio Calabria e apripista del dibattito, ha raccontato di come la storia delle filande sia parecchio antica e parta dal 1792, anno in cui Rocco Antonio Caracciolo ottenne il regio permesso per la prima filanda, dietro la Fontana Vecchia.
Ad essa ne seguono parecchie altre, per un settore molto fortunato: i villesi potevano vantare ben 56 filande, che successivamente andranno perse per il terremoto e per le guerre mondiali.
All’interno di questa realtà, la donna rivestiva un compito di primo piano, di grande importanza e fatica: a lei spettava- tra i vari lavori- anche il compito di immergere le mani nell’acqua bollente per tirare il capo del filo di seta.

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Renata Melissari, presidente della Commissione Internazionale Arte e cultura Fidapa, ha focalizzato l’attenzione sulla possibilità di un futuro ritorno alla bachicoltura e sui conseguenti vantaggi a livello socioeconomico.
La Melissari ha difatti elencato numerosi esempi, locali e nazionali, di recupero di tale artigianalità: da un laboratorio di seta in provincia di Cosenza a una scuola di apprendistato sulla lavorazione del tessuto a Catanzaro, fino all’impiantazione di gelseti a Caulonia, Sant’Eufemia e Sinopoli.
Negli ultimi anni la regione Calabria è intervenuta a sostegno dell’industria della seta, attraverso la legge regionale n 15 del 15 marzo 2002, “norme sulla tutela, il recupero e la promozione dell’artigianato artistico e tipico della Calabria” e tramite la proposta di legge n. 423 del settembre 2013, diretta “a salvaguardare, promuovere e valorizzare le risorse tessili che storicamente e culturalmente hanno caratterizzato e caratterizzano il territorio calabrese”.

L’architetto conservatore Rosaria Ussia si è soffermata sugli aspetti tecnici delle strutture adibite al lavoro.
La dottoressa ha inoltre segnalato come l’importanza delle filande risulti evidente già dallo stemma araldico del comune: su di esso sono raffigurati un aspo e due ramoscelli di gelso con sopra dei bachi.
La cittadina, chiamata anche città della seta o piccola Manchester, divenne nel diciannovesimo secolo una tra le eccellenze a livello internazionale, tanto da venir proclamata scuola reale della seta.
Le filande villesi rappresentavano l’avanguardia della tecnologia e il forte fiuto imprenditoriale dei proprietari riuscì presto ad attirare l’attenzione dei colleghi inglesi, ai quali si deve l’avvento del vapore nell’industria tessile della zona.
Dalla fine del settecento fino al terremoto del 1908 Villa pullula di Filande: Florio e Marra, Cogliandro, Hallam, Caminiti, Aricò, Zagarella, Lofaro, Messina, La Monica e tante altre. Le cartoline del tempo dipingono una città in pieno sviluppo industriale, ma le foto di adesso testimoniano monumenti storici in completo e totale abbandono.

L’antropologa Maria Pascuzzi ha sottolineato il fondamentale ruolo lavorativo della donna nell’antichità, soprattutto- ma non solo- nel settore tessile. Ella spesso si cresceva il baco sotto i seni, sfruttando il calore del corpo. La figura femminile nelle filande era florida, maggiorata: un tipo di fisicità adatta a sostenere la fatica del lavoro, simbolo di potenza e avvenenza.
La dottoressa ha inoltre sottolineato come la tessitura fosse un’attività che non si limitava a portare vantaggio al solo territorio reggino, ma a tutto l’entroterra: si pensi ad esempio all’acquisto ed alla vendita in Piazza Rosario dei bachi cresciuti artigianalmente nelle case villesi e dei comuni confinanti.

Presente anche il musicista Angelo Costa, che ha intervallato i vari interventi con delle performance di lira e di organetto.

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