Tra stupore e incanto, in equilibrio tra storia e leggenda, col giusto dosaggio di scienza e arte: lo Stretto di Messina, domenica, si inchina a sua maestà “la lupa”.
Il suggestivo sipario bianco che nasconde la Sicilia null’altro è che nebbia da avvezione: semplicemente, la corrente di aria umida e calda si sposta sulle superficie del mare, subendo il raffreddamento (e, appunto, la condensazione). Si tratta di un fenomeno comune non solo nello Stretto, ma anche in altre località marittime d’Italia, come la Toscana Settentrionale e la Sardegna.
Ma come mai la nebbia viene ribattezzata col nome di un animale? Ci sono diverse ipotesi, tutte collegate alle fatiche e alle sofferenze dei pescatori dello Stretto. Spesso la nebbia così densa nascondeva agli uomini di mare la luce del faro e, dunque, la strada di ritorno verso casa. Il “sequestro” sfiniva i pescatori, che lamentavano “la lupa nello stomaco” (un’espressione dialettale per indicare una fame da lupi). Molto probabile anche un riferimento al suono che le imbarcazioni, perse nella nebbia, producevano per segnalare la propria posizione: un rumore molto simile a un ululato.
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