BAGNARA. Arresto vigili urbani, l’appello dell’associazione antiracket “Capitano Ultimo”: «Rompere il muro dell’omertà»

14 Febbraio 2016
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cacciola

BAGNARA CALABRA – Prima reazione ufficiale di fronte alla bufera giudiziaria che ha investito il Corpo dei vigili urbani di Bagnara Calabra portando all’arresto di tre agenti, tra cui l’ex comandante facente funzioni Raimondo Cacciola. In una cittadina dove il silenzio fa da padrone e dove anche personaggi di spicco dei vari campi preferiscono tacere, si eleva forte e indignata la voce di Antonino Imbesi, segretario nazionale del Maoxs&ddd Onlus (Movimento associazioni operatori per la sicurezza e difesa diritti disabili) nonché rappresentante dell’associazione antiracket “Capitano Ultimo”. Non senza prima riservare un plauso alle forze dell’ordine e alla magistratura «per il risultato importante sul fronte della lotta alla illegalità», da semplice cittadino si pone una domanda: «Se è il caso, qualora venissero accertate le responsabilità degli indagati e arrestati, di costituirsi parte civile. Bagnara ormai da qualche anno non riesce più  a riemergere e non per la delinquenza, che fortunatamente grazie all’operato  delle forze dell’ordine  è tenuta a bada, ma per colpa di chi è preposto a far rispettare le leggi, per colpa di chi presta un servizio pubblico e dovrebbe garantire  la legalità». Il successivo intervento di Imbesi è un accorato appello a rompere il muro dell’omertà e a denunciare certi episodi, esattamente come è avvenuto in occasione della recente inchiesta della Procura di Reggio Calabria: «Si è  arrivati a questa operazione di polizia – ricorda il componente di “Capitano Ultimo” – grazie alla denuncia di un cittadino che proprio per il rispetto delle leggi e della legalità,  non ha voluto essere complice del malaffare. Invito che oggi  rivolgo ai giovani». Imbesi si sofferma dunque sul concetto di legalità e su questo mette un punto fermo: «Nelle nostre realtà sociali non può essere in nessun modo distinto dal principio di lotta alla mafia. Come ci insegnavano i giudici Falcone e Borsellino, la mafia non è soltanto uccidere, spacciare droga o imporre il pagamento del pizzo. No! La mafia prima ancora di essere criminalità organizzata è una mentalità. E’ un atteggiamento violento rivolto nei confronti di un’altra persona, è la voglia di prevaricare gli altri, di apparire superiori facendo uso della violenza. La mafia, la violenza, l’abuso di potere, la minaccia,  il sopruso traggono nutrimento principalmente dalla paura». E infine ribadisce il proprio appello: «Il cittadino onesto non deve aver paura di denunciare, deve mantenere sempre la schiena dritta nella lotta per l’affermazione della legalità che risiede il senso più autentico della dignità umana. Quella dignità che costituisce la base autentica della libertà». f.m.

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