MEDIAZIONE E DINTORNI. Mediatore si nasce o si diventa?

14 Settembre 2015
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di STEFANIA BASILE

Carissimi lettori di Villaedintorni, come anticipato nell’articolo di apertura della rubrica “Mediazione e dintorni” (https://villaedintorni.wordpress.com/2015/09/01/mediazione-e-dintorni-ognuno-media-ogni-giorno-infinite-volte-lo-sapevi/ ), si prosegue il “viaggio a puntate” nel mondo della mediazione civile, andando ad analizzare, prima ancora delle fasi che caratterizzano il procedimento di mediazione vero e proprio, quella che è la figura emblematica di tale istituto, ovvero il mediatore civile (professionista).
Tale figura, che ha avuto risalto nel panorama giuridico italiano con l’introduzione dell’istituto della mediazione civile e commerciale, a mio avviso richiede il possesso di particolari “attitudini individuali e relazionali”, prima ancora del possesso del requisito base (titolo di studio) e del successivo percorso formativo, che porta alla qualifica di mediatore.
Mi riferisco alla grande capacità di ascolto, di pazienza, di resilienza (intesa come capacità di sapersi adattare e riadattare in modo flessibile di fronte alle diverse situazioni), di “attenzione” ai silenzi (ancor più che alle parole) delle parti con cui entra in relazione ad ogni procedura di mediazione. Il mediatore, cioè, deve essere in grado di entrare in empatia con le stesse e trasmettere loro fiducia, guidandole nel percorso di mediazione, riuscendo a creare un rapporto di fiducia e a renderle (e farle sentire) protagoniste dei loro interessi, artefici delle loro scelte e non già sottoposte ad un “giudizio etero imposto” da un soggetto terzo.
Il mediatore, infatti, così come definito dall’art.4, comma d del D.Lgs. 28/2010 (aggiornato con le modifiche del DM 145/11 e del DM 139/14) è “la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo”. Non è dunque un giudice, ma un terzo neutrale, un “facilitatore del dialogo” tra le parti, una sorta di “Caronte” che le traghetta verso il bonario componimento.
Ancora, il mediatore è il timekeeper degli incontri, ovvero, con autorevolezza gestisce e scandisce i tempi degli incontri di mediazione, che concorda con le parti e con la sede presso cui si svolge il procedura, prevedendo, ove lo ritenga opportuno, anche incontri “separati” con le singole parti. In tal caso, dovendo garantire alla procedura un carattere riservato e confidenziale (come previsto per legge), il mediatore non potrà svelare ad una parte le informazioni ottenute in maniera del tutto confidenziale dall’altra, se non quelle dalla stessa autorizzate. A tal proposito, si precisa che“il mediatore non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra Autorità”.
Da questa breve disanima si evince dunque quali siano le “attitudini individuali e relazionali”, che si cuciono addosso alla figura del mediatore, ovvero ascolto, empatia, autorevolezza, imparzialità, riservatezza, e che possono essere sviluppate ulteriormente o acquisite attraverso la costante formazione professionale e la pratica sul campo; sono certamente complementari ai requisiti più propriamente “professionali”, previsti dalla normativa vigente per tale figura professionale, che di seguito analizzeremo.
Iniziamo dunque a rispondere ad una domanda fondamentale: chi può seguire il percorso formativo per conseguire la qualifica di mediatore civile professionista?
La normativa prevede come requisito di qualificazione per il mediatore innanzitutto il possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di laurea universitaria triennale ovvero, in alternativa, l’iscrizione a un ordine o collegio professionale (avvocati, ingegneri, commercialisti, medici, etc); è necessario seguire poi uno specifico percorso formativo (un corso di formazione di almeno 50 h su materie indicate dalla normativa), con previsione di aggiornamento almeno biennale (un minimo di 18 h di corso) da effettuarsi presso un ente accreditato. Inoltre è richiesta la partecipazione […], nel biennio di aggiornamento e in forma di tirocinio assistito, ad almeno venti casi di mediazione svolti presso organismi iscritti.
Il mediatore, dunque, non è necessariamente un avvocato o un giurista, ma possono accedere a tale professione anche architetti, ingegneri, medici, etc. Tra le novità previste dal decreto del fare vi è comunque l’introduzione del comma 4 bis all’art 16 del DM 180/10, ovvero la previsione che “gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori e quelli iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò finalizzati,nel rispetto di quanto previsto dall’art. 55-bis del codice deontologico forense.
Il mediatore deve poi possedere dei requisiti di onorabilità, ovvero non avere riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva non sospesa; non essere incorso nell’interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici; non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza; non avere riportato sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento.
Una volta completato l’iter formativo previsto, ha la facoltà di iscriversi al massimo presso 5 organismi di mediazione, previa procedura di accreditamento presso il Ministero di Giustizia.
Per ogni “affare di mediazione” per il quale è designato, il mediatore deve poi adempiere degli obblighi come, tra gli altri, non percepire compensi direttamente dalle parti, sottoscrivere una dichiarazione di imparzialità, inoltre, ove necessario, può formulare la proposta di conciliazione nel rispetto del limite dell’ordine pubblico e delle norme imperative. Deve accettare ed uniformarsi a quanto previsto dal regolamento dell’organismo presso cui è iscritto, corrispondendo, dunque, ad ogni richiesta organizzativa del responsabile dell’organismo stesso, che può sostituirlo su istanza di una delle parti.

Da quanto si può dunque desumere, il mediatore professionista, oltre all’obbligo di una formazione permanente, deve anche esercitare una pratica costante (in forma di mediatore e di tirocinante), in quanto solo alimentando la propria competenza e rispettando l’etica professionale potrà offrire un servizio di alta qualità all’organismo/i presso cui è accreditato.
Ritengo che a questo punto il lettore possa rispondere alla domanda iniziale, “mediatore si nasce o si diventa?”, e, ove avesse ancora qualche dubbio, gli verrà in aiuto la frase di G. Donadei: “è una rara forma di intelligenza rimanere in silenzio ad ascoltare senza giudicare”.

mediazione

Per chi fosse interessato ad approfondimenti su tematiche specifiche o a informazioni su corsi di formazione e aggiornamento per mediatori, ricordo i contatti da utilizzare:
Studio tecnico Ing. Basile – Sede Fimeco (organismo di mediazione e formazione)
Tr. priv. L. da Vinci, 10, Villa S. Giovanni (RC),
Tel: 0965.752718, mail: stefaniabas@tiscali.it
Info point gratuito tutti i giovedì, 11:30-13:00.
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