No Ponte, venti barche in protesta per difendere lo Stretto. Ma il fronte del “sì” risponde con gli sfottò

30 Agosto 2025
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di FRANCESCA MEDURI

VILLA SAN GIOVANNI – Bandiere al vento e slogan “No Ponte” scritti a grandi lettere: così una ventina di barche ha solcato ieri le acque dello Stretto per dire no alla costruzione del Ponte. La sfilata, partita da Cannitello e approdata nella zona Cannone-Pezzo, ha trasformato per qualche ora il mare in un palcoscenico di protesta contro la grande opera rilanciata dal Governo Meloni e sostenuta dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini.

 

Le barche, condotte dai loro barcaioli e riconoscibili per le magliette e le bandiere con la scritta “No Ponte”, sono partite dalla spiaggia adiacente a Piazzetta Calandruccio di Cannitello per raggiungere l’area di Cannone-Pezzo, nei pressi della galleria ferroviaria costruita oltre dieci anni fa come opera propedeutica al progetto. Sul lungomare, davanti a quella che i manifestanti definiscono “ecomostro”, si sono radunati attivisti e cittadini per accogliere le imbarcazioni e ribadire il loro messaggio: non un ponte di cemento, ma un «ponte di solidarietà e resistenza».

Il Movimento No Ponte Calabria ha sintetizzato così le ragioni della protesta: difesa del mare e della biodiversità dello Stretto, opposizione alla cementificazione delle coste, critica alle grandi opere considerate inutili e costose, e richiesta di investimenti su infrastrutture locali, scuole, sanità e sicurezza del territorio. Secondo gli organizzatori, il Ponte rappresenterebbe un’opera dannosa per l’ambiente e priva di reali benefici economici e sociali.

La manifestazione si è svolta in modo pacifico, ma non sono mancati commenti critici da parte di chi sostiene la costruzione del Ponte. Alcuni osservatori hanno ironizzato sulla limitata partecipazione di barche e cittadini, sottolineando come, in una comunità di circa 13mila abitanti, l’adesione sia apparsa ridotta. Per i favorevoli al progetto, il Ponte rappresenta invece un’occasione di sviluppo e modernizzazione, attesa da decenni.

Le due posizioni restano distanti: da un lato chi considera l’opera un pericolo per il territorio e il paesaggio, dall’altro chi la interpreta come una possibilità di crescita. Un confronto che, spesso, si traduce in contrapposizione netta, mentre un dialogo più aperto e costruttivo potrebbe contribuire a rendere la discussione meno polarizzata e più utile per la comunità.

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