VILLA SAN GIOVANNI – Prosegue senza sosta l’impegno di Domenico Trombetta per una città finalmente a misura di tutti. Il paladino del diritti dei disabili continua la sua campagna di sensibilizzazione per l’abbattimento delle barriere architettoniche e contro l’inciviltà in genere. I risultati ottenuti sono pochissima cosa rispetto all’ambizioso quanto legittimo progetto di una città senza ostacoli, rispettosa delle persone affette da difficoltà motorie come delle mamme coi passeggini. Ed è per questo che Mimmo Trombetta, promotore di una battaglia che dovrebbe essere la battaglia di tutti, insiste nel sollecitare quanti non si adeguano alle leggi in materia. I suoi appelli più frequenti sono per il Comune, incalzato sul Peba (Piano eliminazione barriere architettoniche), sui deficit di strade e strutture pubbliche e sull’insufficienza dei controlli. Ma non da meno sono i richiami per i privati, specie quando si tratta di tirare le orecchie ai quei cittadini incivili che, con il proprio comportamento, vanno a creare ulteriori barriere. Mentre ai proprietari o gestori di attività nei vari settori dedica un capitolo a parte: «L’accessibilità di locali o spazi in edifici privati aperti al pubblico». E’ paradossale che a non mettersi a norma siano locali nuovi e, quindi, sottoposti alle più recenti norme in tema di barriere architettoniche: «In città continuano a nascere attività aperte al pubblico non accessibili», fa subito notare Trombetta. Che poi si chiede: «Ma in questa città, esistono i controlli? Esiste chi deve garantire il rispetto verso la dignità umana affinché nessuno venga discriminato? Come mai, una volta presentati i progetti che si attengono alla normativa sull’abbattimento barriere architettoniche, nel momento in cui si apre l’attività, essa risulta non accessibile e non conforme a quanto il progettista ha dichiarato? Ancora tanti – aggiunge – non hanno capito che tutto questo è discriminazione (punibile ai sensi della legge n. 67 del 2006) da parte di chi, nell’eseguire i lavori, non si attiene ai progetti o da parte di chi continua a chiudere un occhio quando si effettuano i controlli. Ma i titolari o gli esercenti di un’attività aperta al pubblico – avvisa – sanno che rischiano una sanzione amministrativa soggetta al pagamento di una somma da 500 euro a 5.000 euro e la chiusura dell’esercizio da uno a sei mesi?». Trombetta continua a snocciolare leggi e infine puntualizza: «La mia non è una cattiveria verso chi, con sacrificio e con onestà, si affaccia al mondo del lavoro aprendo un’attività, ma è una lotta di civiltà a beneficio di tutti e anche dei commercianti stessi». f.m.
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