SCILLA. Castello Ruffo, Ciccone e le sue ultime parole famose: «Se perdo vado a casa»

28 Giugno 2016
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SCILLA – «A breve termine ci sarà la sentenza, la causa dove il sindaco di Scilla in profonda solitudine (perché questo prevede la legge) si è assunto la responsabilità di non firmare l’accordo per non dare ai privati la gestione del castello, rischiando personalmente. Qualcuno ha fatto qualche passo indietro su questa cosa, spero che altri lo facciano perché sappiano che se per caso la legge, la giustizia dovesse dare torto al Comune e quindi al sindaco (tra l’altro per il piacere di chi è avversario nostro), il sindaco lo stesso non firmerà quell’accordo e deciderà di andare a casa, perché non posso passare alla storia per chi ha regalato un bene così importante alla gestione dei privati, con tutto il rispetto dei privati (tra l’altro sono degli imprenditori di Scilla). Ma io credo, noi crediamo e questo abbiamo fatto… E’ di questi giorni la richiesta da parte del Comune di Scilla ad acquisire totalmente il castello di Scilla».

Queste le parole testuali del sindaco Pasqualino Ciccone in occasione del recente incontro in piazza San Rocco per illustrare alla cittadinanza l’attività amministrativa svolta in un anno di gestione del paese. Occasione dunque servitagli anche per ribadire la propria contrarietà all’ingresso dei rappresentanti di “Welcome to Scilla” nelle stanze dell’antico maniero, nonostante la vittoria di due bandi Por Calabria Fesr 2007/2013 per realizzare nel castello i progetti “Planetario” e “Museo del mare”.

A distanza di alcuni giorni da quel discorso, però, quanto ipotizzato da Ciccone si è verificato a metà. Il Tar ha sì dato torto al Comune accogliendo in pieno il ricorso della “Welcome to Scilla”, ma il sindaco è ancora saldamente sulla poltrona più ambita della cittadina scillese. Alle parole non ha fatto seguire i fatti e a questo punto appare davvero improbabile che lo faccia. E’ pur vero che la scelta di non dimettersi più potrebbe essere la dimostrazione effettiva della sua intenzione di proporre appello al Consiglio di Stato, ma è altrettanto vero che quell’«andare a casa» era riferito alla sentenza che sarebbe uscita «a breve termine» e non all’eventuale prosieguo dell’iter giudiziario.

Insomma, verrebbe da pensare che Ciccone abbia azzardato così tanto solo perché in cuor suor non aveva realmente considerato la sconfitta. Del resto, già a marzo, dopo la prima udienza al Tar, cantava vittoria…

fra.me.

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