di PAT PORPIGLIA
L’8 MARZO
Appassiscono le mimose
Sulle catene avvolgenti i fianchi
Di giovani donne inoperose
dai volti stanchi.
Offensivi omaggi floreali
Alla femminil bellezza
Prigioniera negli harem del deserto.
Inutili regali offerti
Alle madri annegate,
tra i flutti mossi dai venti di guerra,
stringendo i figli forte al petto.
Tributi d’ipocrisia
Per vergini innocenti
Vendute nei bordelli
Allestiti dal turismo.
Profumi svaniti
Tra i freddi letti
D’inospitali tuguri.
Senza il profumo della libertà
Effimera è la giustizia
Inesistenti le pari opportunità
Dimenticati fiori dell’umanità.
di PAT PORPIGLIA
La Giornata internazionale della donna (comunemente definita Festa della donna) ricorre l’8 marzo di ogni anno per ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze cui sono state oggetto e lo sono ancora, in tutte le parti del mondo. Questa celebrazione si è tenuta per la prima volta negli Stati Uniti nel 1909, in alcuni paesi europei nel 1911 e in Italia nel 1922.
Questa poesia vuole essere:
– un tributo, un riconoscimento a tutte le donne nelle loro varie accezioni di madri, figlie, mogli, fidanzate per ringraziarle per il loro ruolo incommensurabile svolto all’interno della famiglia e della stessa società.
– una denuncia contro gli abusi, le discriminazioni, le violenze ancora perpetrate contro queste meravigliose creature, in ogni angolo del globo terrestre, che rendono la vita di un uomo degna d’essere vissuta.
I fiori di mimose che vengono regalate in questa ricorrenza sono apprezzati, viene suggerito nella poesia, se ciò avviene in in’atmosfera serena e tranquilla mentre sono destinate ad appassire se le donne soffrono di una endemica disoccupazione (donne inoperose dai volti stanchi) che impedisce loro di costruirsi una propria identità. Noi tutti sappiamo che un essere umano, uomo o donna, senza un’identità ben precisa è destinato all’isolamento e all’emarginazione.
Questi fiori non sono apprezzati se le donne vengono private della loro libertà diventando un oggetto sessuale (le catene avvolgenti i fianchi,- rinchiuse negli harem) in un deserto che non vuole essere soltanto ambientale ma anche interiore.
I fiori diventano, in questa ricorrenza, “inutili “ alle madri che annegano con i loro figli incollati al loro petto nelle acque del Mediterraneo, tra i flutti mossi dai “venti di guerra”, nel loro vano tentativo di raggiungere l’Europa, oppure “tributi d’ipocrisia” per le “giovani vergini vendute nei bordelli allestiti dal turismo”.
Le mimose perdono il loro profumo nelle case degli emarginati e dei poveri (inospitali tuguri) dove non esiste la libertà, la giustizia e le pari opportunità che vengono indicati nella poesia come i veri fiori di cui ha bisogno l’intera umanità.
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