di FRANCESCA MEDURI
VILLA SAN GIOVANNI – In un piccolo angolo di Calabria, dove il mare incontra il traghetto e la memoria politica è più selettiva di un algoritmo di dating, si sta consumando un curioso fenomeno politico: il centrodestra villese, già protagonista delle stagioni amministrative passate, ha scoperto il sacro potere della rivendicazione retroattiva.
L’attuale amministrazione, insediatasi tre anni fa, ha pensato bene – tra una finanziaria lacrimosa e una buca da tappare – di completare alcune opere importanti, dando finalmente un senso a cantieri rimasti per anni più fermi del traffico estivo alla Caronte. E cosa fa l’opposizione? Un plauso? Un «bravi, almeno qualcuno ha finito il lavoro»? No, anzi. Scatta subito il mantra: «Quelle opere le abbiamo progettate noi!».
Un po’ come se chi ha messo in forno la pizza pretendesse l’applauso mentre tu la stai sfornando, servendo e pagando il conto.
Questa strana sindrome da “architetti non riconosciuti” è diventata la colonna sonora dell’opposizione villese, che – tra un comunicato Facebook e un comunicato ancora più Facebook – continua a sminuire qualsiasi iniziativa della giunta attuale. Che si parli di cultura, rifiuti, scuole o persino delle nuove panchine (forse troppo stabili per certi gusti), la risposta è sempre la stessa: «Ai nostri tempi sì che…», seguita da un lungo elenco di glorie passate, per lo più invisibili agli occhi dei cittadini, ma evidentemente vivissime nella mitologia del centrodestra locale.
Tuttavia, in questo revival nostalgico c’è una curiosa amnesia collettiva: quella sul dissesto finanziario. Eh sì, perché quando si tratta di ricordare che il Comune è stato portato sull’orlo del collasso economico proprio durante le gloriose gestioni precedenti, allora cala improvvisamente il sipario.
Silenzio. Mutismo selettivo.
Nessuna rivendicazione. Nessun «quella voragine di bilancio l’abbiamo scavata noi!».
Peccato. Sarebbe stata l’unica vera opera pubblica su cui mettere la targa.
Intanto, mentre l’amministrazione attuale cerca di uscire dal dissesto come chi cerca di raddrizzare il Titanic con un secchiello, i precedenti governanti osservano tutto dalla riva, armati di megafono e memoria a intermittenza, pronti a ricordarci che «quelle luci le abbiamo pensate noi», ma mai che «quel buco l’abbiamo scavato noi».
Insomma, a Villa San Giovanni il futuro si costruisce, ma il passato non muore mai. Specialmente quando c’è da tagliare un nastro che qualcun altro ha comprato, stirato e sistemato.
Alla prossima inaugurazione, ci aspettiamo di vedere anche una statua all’ex assessore all’idea. Perché qui, più che realizzare, l’importante è averci pensato per primi. Anche se poi a pagarne le conseguenze, come sempre, sono i cittadini.
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