Difensori della libertà… ma solo della loro

11 Agosto 2025
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Viviamo tempi in cui tutti si dichiarano difensori della libertà. Libertà di espressione, di parola, di stampa. Sui social, nei comunicati, nelle piazze virtuali e reali, è un continuo inneggiare al diritto sacrosanto di dire la propria. Ma questa libertà – per alcuni – ha un limite ben preciso: deve essere allineata ai propri interessi, alle proprie idee, alle proprie convinzioni. Altrimenti, quella stessa libertà diventa fastidiosa, scomoda, addirittura pericolosa.

Accade così che certi politici, associazioni, personaggi pubblici o semplici cittadini, acclamino i giornalisti solo quando questi scrivono “le cose giuste”. Non giuste in senso etico o professionale, ma giuste per loro. Lodi esagerate e sorrisi di circostanza quando l’articolo sostiene le loro battaglie, le loro denunce, il loro modo di vedere il mondo. Ma basta una riga fuori dal coro, un articolo non gradito, e gli stessi giornalisti diventano improvvisamente faziosi, incompetenti, venduti, censori.

È un copione purtroppo noto. I paladini della legalità, dell’etica, della trasparenza, si trasformano nei primi a scendere nel fango della diffamazione, delle insinuazioni, delle mezze verità. Chi non si allinea viene isolato, screditato, ignorato. E guai a far notare che la libertà di stampa vale anche quando racconta fatti che non piacciono: allora scatta la reazione rabbiosa, la minaccia neanche troppo velata, il tentativo di screditare chi fa semplicemente il proprio mestiere.

Il paradosso si spinge fino al grottesco. Alcuni accusano i giornalisti di “censura” perché non parlano di loro o delle loro iniziative. Ma omettono (volutamente) un dettaglio: sono proprio loro a boicottare quei giornalisti, a non inviare comunicati, a bruciare le notizie pubblicandole prima sui loro social, a essere ambigui e poco trasparenti. In pratica, chiudono le porte e poi urlano indignati perché nessuno è entrato.

Il vero giornalismo non è un ufficio stampa e non lavora per fare piacere a qualcuno. È uno strumento libero, che serve a raccontare i fatti, fare domande, approfondire e, se serve, anche criticare. Dà spazio a tutti, ma pretende rispetto: chi vuole essere ascoltato deve saper dialogare con educazione, senza pretese di controllo e di manipolazione. L’informazione non deve confermare per forza le idee di qualcuno, ma aiutare tutti a capire meglio la realtà, anche quando è scomoda.

Chi vuole solo applausi, vada in teatro. Chi pretende l’informazione come specchio delle proprie idee, si costruisca un blog personale. Ma abbia almeno la decenza di non spacciarsi per difensore della libertà. Perché la libertà, quella vera, si misura anche – e soprattutto – nella capacità di accettare ciò che non ci piace.

E a chi continua a giocare al massacro con la complicità dell’ipocrisia, vien da chiedere: ma si può essere più meschini e sleali di così?

Francesca Meduri

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