Il Comune di Scilla è nella bufera. Una nuova bufera, molto più violenta di quella che nel 2018 portò allo scioglimento del primo consiglio comunale targato Ciccone. Dalle carte dell’inchiesta emerge l’ingerenza della criminalità organizzata nella vita amministrativa. Le ‘ndrine scillesi, anche col supporto delle cosche di Villa San Giovanni e Bagnara Calabra, stanno addosso alle istituzioni, pretendendo favoritismi per allargare la propria azione nei vari settori economici locali. In particolare, alla cosca “Nasone-Gaietti” fanno gola le concessioni demaniali per lo svolgimento di attività balneari con i conseguenti profitti illeciti a discapito degli imprenditori onesti. In questo contesto, il presunto capo cosca Giuseppe Fulco confida nel rispetto dell’accordo pre elettorale che avrebbe preso con l’allora aspirante sindaco Pasqualino Ciccone.
«Sulla scorta delle indagini espletate – recita l’ordinanza di custodia cautelare del Gip – sono stati acquisiti elementi che lasciano trasparire come Pasqualino Ciccone, in occasione delle elezioni comunali del 2020, abbia ottenuto il sostegno elettorale da parte di Fulco, per come dallo stesso reiteratamente affermato nel corso dei dialoghi intercettati. Circostanza, questa, che ulteriormente dimostra come Fulco, anche attraverso la gestione dei voti, mirasse a condizionare il governo locale e ad infiltrarsi nella pubblica amministrazione».
Ma i piani delle ‘ndrine cominciano a vacillare quando il sindaco eletto risponde picche alle richieste di Fulco. Agli atti dell’inchiesta un’informativa dei carabinieri datata 17 marzo 2022, in cui si legge che Ciccone «una volta eletto, evidentemente conscio dei rischi che corre nel relazionarsi con la ‘ndrangheta taglia i ponti e non rispetta l’accordo stipulato prima della tornata elettorale proprio con Giuseppe Fulco. Il sindaco Pasqualino Ciccone si limita ad interloquire con la ‘ndrangheta attraverso Giuseppe Maria Fontana (operatore balneare, ndr) ed il fratello Gaetano Ciccone. Quest’ultimo in quanto esercita la professione di avvocato ha maggiore possibilità di interloquire con esponenti della malavita scillese senza dare nell’occhio».
Fulco, davanti al passo indietro di Ciccone, si indispettisce parecchio (in particolare per la mancata adozione di una variante al Piano spiaggia) e in una conversazione intercettata stigmatizza l’avvicinamento del sindaco al comandante della stazione dei carabinieri (il maresciallo Andrea Marino): «Pasquale sai cosa ha imparato a dire a tutti – Io non mi faccio arrestare per nessuno! – ma i voti a lui chi glieli ha dati? Marino glieli ha dati i voti! …Ah?».
A far arrabbiare il presunto boss anche il mancato ingresso in giunta del suo politico di riferimento, ossia il consigliere Girolamo “Gigi” Paladino. Che comunque resta a disposizione della cosca, sempre stando alle carte dell’inchiesta: «La circostanza che Gigi Paladino sia politico locale di riferimento per la ‘ndrangheta di Scilla trova attualità nel contenuto delle conversazioni registrate, in relazione al rilascio di concessioni demaniali da patte dell’ufficio tecnico comunale di Scilla ad imprenditori riconducibili a quel contesto associativo con interessi nel settore turistico ricettivo».
Sul contenuto della richiesta della Procura in merito ai rapporti intrattenuti dalla cosca di Scilla con le istituzioni, il Gip scrive: «È un capitolo che lascia emergere una realtà piuttosto avvilente, ovverosia che la ‘ndrangheta abbia influito sull’esito dell’ultima tornata elettorale, pretendendo in cambio benefici dipendenti da un uso non imparziale dell’attività amministrativa». (fra.me.)
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