VILLA SAN GIOVANNI. Consiliatura ko, Forza Italia rilancia l’impegno politico

5 Gennaio 2017
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Sento il dovere e la responsabilità, vista la conclusione anticipata della consiliatura e per rispetto nei confronti dell’elettorato che mi ha onorato in maniera straordinaria insieme alla lista “Villa nel cuore”, di riflettere ed analizzare quanto accaduto alla vita politico- amministrativa di Villa San Giovanni.

Come maggioranza, avevamo iniziato a concretizzare il programma di governo che i villesi avevano premiato anche oltre ogni più rosea aspettativa e previsione, pur con tutte le difficoltà che discendono da una legislazione farraginosa e complessa che ha reso il ruolo dell’amministratore locale tortuoso e pieno di ostacoli.

Un percorso però, traumaticamente interrotto da una sentenza giudiziaria che ha dichiarato la colpevolezza per il reato di abuso d’ufficio di tutta la precedente amministrazione La Valle, di cui facevo parte, assieme agli amici e colleghi Messina, Siclari, Attinà, Salzone e Romanzi, che ha comportato l’automatica applicazione della c.d. “legge Severino”.

Non intendo entrare nel merito della sentenza, perché da umile studioso del diritto quale sono, ritengo che le sentenze si debbano appellare e non criticare, ma mi limito a sottopormi serenamente al giudizio della comunità villese che conosce bene la vicenda passata agli onori della cronaca come “Bandafalò”, nella consapevolezza che ogni cittadino sia al corrente dell’operato di quella associazione, dedita alla beneficenza ed all’assistenza nei confronti dei bambini africani, peraltro, distante politicamente  e ideologicamente rispetto all’amministrazione di cui ho fatto parte.   In tal senso è bene ricordare che la concessione della porzione di arenile in questione, come anche della parte in concessione a “Boccaccio”, sono state avallate e confermate tanto dalle amministrazioni politiche di centro-sinistra a guida Cassone e Melito, quanto dall’amministrazione prefettizia a guida Ruffo. Ragione per cui è evidente che gli atti che ho concorso a compiere, per ora qualificati come “abusivi”, siano stati commessi confidando nella legalità degli stessi e senza alcun utile personale e/o politico.  

Invece, sulle conseguenze dell’applicazione della c.d. “legge Severino”, vorrei spendere una chiara critica verso una legge che il Parlamento ha l’obbligo morale e giuridico di modificare, rendendola conforme alla Costituzione, almeno nella parte in cui anticipa effetti sanzionatori, senza attendere la definitività dell’accertamento penale, cosicché, ad esempio, quando e qualora dovessimo essere assolti dalla Corte di Appello, stanti i tempi del giudizio di Appello (ad oggi non conosciamo neanche le motivazioni della condanna, essendo stati sospesi solo in forza del dispositivo, che, peraltro, ha sospeso l’applicazione della pena della reclusione!), nessun ci reintegrerà del periodo di sospensione dalla carica, del danno all’immagine prodottosi a nostro danno.

Sono convito che la risposta all’ “antipolitica” grillina debba e possa essere quella di riportare al centro della vita pubblica la questione morale, ma tutto ciò deve avvenire con i crismi della certezza e con il rispetto dei principi giuridici rispetto ai quali uno Stato di diritto non deve mai abdicare. Lascio, quindi, ai nostri parlamentari il compito di apportare quella necessarie modifiche che impediscano che il meritorio operato della Magistratura si risolva nella decapitazione dell’intera classe politica locale. Ed infatti è evidente come gli effetti sanzionatori debbano essere posposti all’accertamento definitivo della responsabilità penale ovvero i tempi di tale accertamento debbano essere ridotti. In mancanza di ciò, l’operato di qualunque amministrazione locale, di qualunque colore politico, rischia di essere condannato all’immobilismo, nella paura di “sbagliare”, ovvero, relegato all’”ordinario”, o peggio ancora consegnato al “commissariamento” continuo. Non sono legislatore, ma è chiaro come il reato di abuso d’ufficio ha maglie troppo larghe, sì da consentire a qualunque atto illegittimo di essere qualificato come “abusivo”, determinando la sospensione della carica del suo autore o coautore. Nulla quaestio se ciò dovesse determinare la sospensione amministrativa di un Micari qualunque, ma ciò purtroppo cagione la stasi dell’amministrazione, come è avvenuto a Villa San Giovanni ed in un ultima analisi, la sospensione della corretta dinamica democratica, con effetti paradossali ed incongruenti che è bene rimuovere ed eliminare. Senza entrare nel merito delle scelte che anch’io sarò chiamato a compiere per le prossime consultazioni elettorali comunali, mi corre l’obbligo morale di segnalare come la normativa citata consente la possibilità al limite dell’assurdo che un consigliere sospeso si ricandidi, pur rimanendo sospeso ovvero essendo nuovamente sospeso. Si tratta, per le mie reminiscenze universitarie, di quello che gli Antichi Romani, padri del diritto, chiamavano lex imperfecta ovvero lex minus quam perfecta, ossia una legge la cui sanzione non è proporzionata al precetto e quindi foriera di quell’aporia logica e giuridica nella quale mi vengo a trovare.

Continuerò comunque il mio percorso politico nella convinzione che il servizio alla collettività e la passione per le idee e gli ideali non passano attraverso l’affermazione personalista dell’ “io”, come i nostri tempi sembrano insegnare, ma nasce e cresce dal e nel confronto costante e continuo con la gente, si alimenta in un visione comunitaria e collettiva dell’agire sociale e che il politico non debba essere altro che lo strumento di incarnazione di questi valori e di queste istanze democratiche. Per me la politica è un mezzo e non un fine ed io mi sento strumento per la popolazione e non percepisco il popolo come lo strumento per raggiungere i miei obiettivi ed i miei traguardi. E continuerò ad impegnarmi al servizio della comunità a cui appartengo.

Lorenzo Micari, ex assessore comunale di Villa San Giovanni

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